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Come fotografare all’ Antelope Canyon

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Ognuno di noi ha almeno un sogno nel cassetto. Alcuni sogni sono destinati a rimanere tali, altri invece si fa di tutto per realizzarli.


    Ho conosciuto fotograficamente l'Antelope Canyon anni fa; all'epoca non sapevo nemmeno si chiamasse così, le foto che lo ritraevano avevano un’aurea mistica, sembrava un non luogo, un qualcosa di fantastico che non trovava un sua collocazione in nessun posto del mondo.


    Fui colpito subito dalle foto che, a tonnellate, circolano su internet. Ogni foto mi appariva un capolavoro: un tripudio di forme colorate con le sfumature di un rosso che sembrava irreale ma che avrei avuto conferma essere dal vivo esattamente come apparivano sul monitor.


    Ammiravo gli scatti con l’eccitazione stupefatta di un fotoamatore che guarda alcune tra le foto più belle di sempre e il triste disincanto di chi sa già che non vedrà mai quel luogo dal vivo.
    Ed invece l’occasione c’è stata e questo articolo racconta di un sogno realizzato e delle persone che hanno reso possibile tutto ciò.


    L'occasione di visitare questo meraviglioso luogo è arrivata in occasione del viaggio di nozze che io e la mia mogliettina abbiamo fatto negli Stati Uniti nel luglio del 2011.
    Un viaggio indimenticabile che ha toccato tra le città più caratteristiche degli USA (Los Angeles, San Francisco, Las Vegas, New York).
Volendo spingerci ancora oltre, abbiamo deciso, non senza riluttanza iniziale da parte della mia dolce metà, di inserire una settimana tra i parchi del sud ovest del Paese: Zion Park, Antelope Canyon, Lake Powell, Monument Valley e Grand Canyon.


    Vista la permanenza prolungata nel sud ovest, abbiamo deciso per alloggiare in un hotel situato in un piccolo paese in mezzo al deserto dell'Arizona: Page, a pochi chilometri dal maestoso Lago Powell, lago artificiale creato sul fiume Colorado con la costruzione della diga del Glen Canyon.
    Noleggiato un SUV Ford Escape a Las Vegas, abbiamo impostato il nostro GPS per raggiungere Page.


    Durante il percorso abbiamo scelto di fare una piccola deviazione che ci ha permesso di entrare in uno dei più bei parchi naturali di tutti gli Stati Uniti: lo Zion Park (di cui magari parlerò in un altro articolo).
    Dopo poco più di 6 ore di auto arriviamo a Page che ci accoglie con la tipica tranquillità dei paesi del West; sembra essere ritornati in un luogo “a misura d’uomo”… Una bella differenza rispetto alla Las Vegas che abbiamo lasciato poche ore prima.


    Dopo la sistemazione in camera, il pomeriggio è dedicato all'esplorazione del paesello e alla visita di una delle attrazioni naturali più belle al mondo: l'Horseshoe Bend.
    Distante pochi minuti da Page, l'overlook dell' Horseshoe Bend si raggiunge posteggiando l'auto in uno spiazzo polveroso percorrendo a piedi circa una mezz’ora in mezzo al deserto.
    Il colpo d'occhio è da togliere il fiato: centinaio di foto avevo visto in passato ma nessuna prepara alla magnificenza del luogo in cui il fiume Colorado crea un meandro (o ferro di cavallo stando alla traduzione letterale del termine) attorno ad un blocco di pietra più dura. Le foto di rito ci stanno tutte, ma per un risultato fotografico migliore occorrerebbe venire in un altro momento della giornata, ossia quando il sole si trova in posizione tale da illuminare completamente il sito.


    Dopo aver visto un tramonto di fuoco sul deserto, consumata una frugale cena in un Pizza Hut, un ultimo giro nel paese chiude la serata. Domani ci aspetterà, infatti, l'escursione all’Antelope Canyon.


L'Antelope Canyon si trova in pieno territorio Navajo e non è possibile visitarlo se non accompagnati da guide autorizzate che fanno servizio nelle svariate agenzie che organizzano tour in questo luogo.
Qualche mese prima, dopo svariate ricerche su internet, abbiamo prenotato il nostro tour sul sito dell'Antelope Canyon Tours di Roger Ekis (http://www.antelopecanyon.com) dove abbiamo avuto modo di scegliere esplicitamente sia il tour destinato ai fotografi che l'ora nel quale effettuarlo (consiglio il tour a cavallo di mezzogiorno, in modo tale da godere appieno del gioco di luci dello slot canyon)


    Dopo un rigenerante sonno ed un'abbondante colazione in hotel, facciamo nuovamente tappa all'Horseshoe Bend per un'altra serie di foto, per poi fiondarci presso la sede dell'Antelope Canyon Tour… Piccolo problema: abbiamo imparato a nostre spese che, a differenza del Nevada da dove venivano, in Arizona in estate non vige l'ora legale! E io che pensavo che fosse il loro orologio ad essere un ora indietro. Arrivati, quindi, con estremo anticipo abbiamo approfittato del tempo a disposizione per chiacchierare con i simpatici gestori e con una coppia italiana anch’essa in viaggio di nozze.


All'ora stabilita siamo saliti su camion fuori strada (la cui sistemazione di noi turisti mi ha ricordato il periodo del servizio militare). Il simpatico autista Navajo ci consiglia di tenerci forte ai sostegni, e, in effetti, non aveva torto…
    Dopo un breve tratto cittadino, il mezzo imbocca un sentiero e in pochi secondi ci rendiamo conto di essere in mezzo al deserto.


    Ora, l’emozione di stare su un mezzo di quel tipo a fare il surf nel deserto dell’Arizona a velocità sostenuta mi ha emozionato non poco e l’emozione provata ci ha fatto tollerare anche i chili di sabbia che, sollevati dal camion, andavano dritti nei nostri polmoni, ma delle buche prese a tutta velocità, onestamente, ne potevamo fare tranquillamente a meno, ma tant'è.


    Dopo che il nostro simpaticissimo autista dalla pelle rossa ha anche sfidato ad una gara di velocità nel deserto (stile Parigi-Dakar), un altro suo collega che, in un altro camion, stava  trasportando il suo carico umano, eccoci arrivati all’Upper Antelope Canyon.


Eccoci finalmente all’ingresso dell’Antelope Canyon: si tratta di uno slot canyon formatosi, nel corso di milioni di anni, a causa dell'erosione dell'arenaria da parte dell'acqua e del vento.
    Una volta entrato sono stato sopraffatto da una serie di emozioni incredibili e contrastanti: vi era il fascino del luogo con la roccia colpita dai raggi solari che, donandole un colore rosso acceso, ammaliava al primo sguardo; c’era anche però un senso di claustrofobia dovuta sia alla poca distanza tra una parete all’altra, sia per la moltitudine di persone che si accalcavano per scattare la foto del secolo…


    Su quest’ultimo punto è bene scendere un po’ nel dettaglio. All’interno dell’Antelope Canyon entra davvero poca luce. la luce del sole diretta entra solo per qualche minuto in estate tra le 11 e le 12.
    Viste le pessime condizioni luminose, di cui mi ero già informato prima della partenza, è necessario portarsi il giusto equipaggiamento: cavalletto e scatto remoto sono un must per chi vuole effettuare scatti validi; i tempi di esposizione infatti sono abbastanza lunghi (almeno 6 secondi ad f/16) e qui, infatti, sono cominciati i problemi.
Una piccola premessa, a questo punto, la merita la descrizione dell'attrezzatura che mi sono portato dall'Italia : Nikon D700, Nikkor 24-70 f/2.8, cavalletto Benro Travel Angel in fibra di carbonio (dal peso intorno al chilo) e telecomando per scatto a distanza.


    Per rendere l'idea di ciò che avveniva all'interno, immaginatevi la scena: io che individuo un’inquadratura che secondo me vale la pena di essere immortalata, apro il cavalletto e lo dispongo nel modo più stabile possibile, accendo la fotocamera, compongo l’inquadratura, mi accorgo che il tempo di esposizione è dell’ordine dei dieci secondi, per diminuire ulteriormente le vibrazioni configuro la D700 per alzare lo specchio prima dello scatto, premo una prima volta il pulsante dello scatto remoto per far alzare lo specchio e lo premo nuovamente subito dopo per far scattare l'otturatore… 1…, 2…, 3…, 4… i secondi scorrono uno dopo l’altro ma ecco che tra il quinto e il sesto secondo un grazioso piedone tedesco, di uno delle decine e decine di turisti di ogni nazionalità che affollano lo stretto corridoio del canyon, urta la gamba del cavalletto facendo muovere la fotocamera quei millimetri necessari per mandare a monte lo scatto. Un “Sorry” mormorato con accento teutonico non riesce a placare il mio avvilimento. Tenete conto che la scena sopra descritta si è verificata alcune volte durante la visita.


    La frustrazione che, inevitabile, faceva capolino si diradava subito quando la guida Navajo raccoglieva un po’ di sabbia, la gettava per aria per creare uno spettacolare “light beam”; fenomeno questo che si verificava solo quando i raggi del sole entravano perpendicolari tra le pareti (il che accade non per non più di un’ora al giorno).


    La prima parte della visita si svolgeva quindi in questo modo: seguendo meticolosamente la guida per evitare di essere d’intralcio ai turisti, che nel frattempo arrivavano, e combattendo coraggiosamente contro i fotografi di tutto il mondo che cercavano di accaparrasi gli ultimi centimetri quadrati necessari per posizionare i loro cavalletti.
    Fortunatamente avevamo prenotato il tour dedicato ai fotografi. A differenza del tour tradizionale (dove i turisti erano fatti uscire al termine del percorso guidato), si è avuta la possibilità, al termine della prima parte, di essere lasciati liberi di scorrazzare liberamente per tutto lo slot canyon, percorrendolo in direzione contraria, con un numero incredibilmente inferiore di turisti e un notevole incremento di probabilità di scattare fotografie interessanti e  correttamente esposte. La nostra guida Navajo era particolarmente prodiga di consigli e indicava alcune inquadrature interessanti e d’effetto.


    L’emozione di trovarsi in quel luogo magico è stata indescrivibile: ovunque guardavo c’era una foto da fare. Non penso che esistano due foto uguali dell’Antelope Canyon considerata l’innumerevole varietà di scorci che offre.
    Ecco, secondo la mia esperienza, alcuni consigli per scattare foto decenti all’Antelope Canyon:

  • Prenotare il tour dalle 11 AM in poi in modo tale da poter godere dei raggi di sole che entrano paralleli nel canyon (in modo tale da poter assistere ai meravigliosi light beam).
  • Prenotare assolutamente il tour destinato ai fotografi: costa un po’ di più ma è ASSOLUTAMENTE necessario se si ha intenzione di scattare foto “serie”.
  • Disporre di un cavalletto è fondamentale, visto i lunghi tempi di esposizione, per scattare ogni tipo di foto li dentro io avevo un BENRO Travel Angel in fibra di carbonio.
  • Configurare la fotocamera per usare sempre il valore di ISO più basso possibile; ciò al fine di evitare eccessivo rumore nelle foto.
  • Evitare di includere, nella composizione dell’inquadratura, porzioni di cielo: questo perché, a causa delle lunghe esposizioni, verrebbero come zone assolutamente sovraesposte e, secondo me, antiestetiche.
  • Avere a disposizione uno scatto remoto per diminuire i movimenti della macchina in fase di scatto.
  • Configurare la fotocamera per tenere alzato lo specchio prima dello scatto dell’otturatore: ciò al fine di prevenire ulteriori micro vibrazioni all’interno della macchina che potrebbero tradursi in fastidiosi effetti di micro mosso.
  • Chiudere il diaframma almeno ad f/8 per massimizzare la profondità di campo.
  • Avere un obiettivo grandangolare di almeno 24 mm di focale o minore. (l’ideale sarebbe avere  un 10 mm)
  • Proteggere la lente frontale dell’obiettivo con un filtro UV di buona qualità, a causa della notevole quantità di polvere in sospensione presente nel canyon.
  • Per lo stesso motivo di cui sopra è SCONSIGLIATISSIMO cambiare obiettivo all’interno del canyon.
  • È capitato che, tutto d’un tratto, piovesse sabbia. questo fenomeno è dovuto al fatto che, trattandosi di uno slot canyon, al minimo soffio di vento, la sabbia del deserto al livello superiore si sposti cadendo nel crepaccio giù nel canyon e quindi sui turisti e sulle loro preziosissime fotocamere. A questo proposito consiglio di portarsi un sacchetto di plastica per coprire la fotocamera e l’obiettivo qualora questo accada. (io l’ho dimenticato ma fortunatamente il corpo macchina e l’obiettivo tropicalizzati hanno fatto il loro dovere)
  • Per sicurezza ho scattato quasi sempre in bracketing, scattando tre foto che differivano 0,7 stop tra loro: quest’accortezza mi ha permesso ottenere, per ogni serie di scatti, almeno una foto correttamente esposta.
  • Scattare RIGOROSAMENTE in RAW, non preoccupandosi più di tanto del bilanciamento del bianco in fase di scatto, lo si potrà regolare successivamente in post produzione con ACR.
  • Alcune foto interessanti le ho ottenute scattando totalmente in manuale, prediligendo diaframmi chiusi e tempi di esposizione abbastanza lunghi.

Che dire… mi auguro di potere, un giorno, ritornare in questo luogo che è stato senza dubbio tra i più belli ed emozionati del viaggio di nozze, nonostante le notevoli difficoltà fotografiche. Ho realizzato un sogno e assieme a me c’era la persona che ho sposato che, nonostante non sia una fotoamatrice, si è entusiasmata a scattare foto con la sua compattina Sony (alcune davvero niente male).    

Alcune delle foto realizzate in questa occasione sono visualizzabili QUI


Non smettete mai di sognare, alcuni sogni rischiano di avverarsi…


Alla prossima. ;)

 


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